GLI STAZZI DI GALLURA

Gli stazzi sono costruzioni tipicamente galluresi, che contraddistinguono le campagne della Sardegna Nord-Orientale dal resto dell’isola. Rappresentavano il fulcro della vita rurale, sulla quale, per secoli, si è basata l’economia isolana.

Sono facilmente riconoscibili per la loro forma rettangolare e semplice e per l’utilizzo dei materiali, di solito ginepro, quercia, canna ed esternamente ricoperti di blocchi rettangolari di granito. Nella maggior parte dei casi venivano edificati su un solo piano (se innalzati su più livelli venivano chiamati “palazzu”), circondato da ampi terreni.

I principi portanti sono quelli della semplicità, della praticità e dell’austerità.

La funzione non era quella di ostentare ricchezza o potere, bensì quella di un’organizzata struttura rurale autosufficiente, funzionale e resistente alle intemperie.

Esistono diverse versioni sulla diffusione degli stazzi in Gallura. La prima è che fecero il loro ingresso nel Nord-Sardegna intorno al diciassettesimo secolo, quando alcuni insediamenti provenienti dalla Corsica si stabilizzarono nell’impervia Gallura, importando le loro architetture e la loro lingua. Il dialetto gallurese, effettivamente, è estremamente simile a quello corso.

Tuttavia, non esistono prove che dimostrino l’esistenza di strutture a stazzo all’interno di questi insediamenti, e sembra possibile, invece, che gli stazzi abbiano seguito un’evoluzione secolare e continuativa, dalle capanne di frasche post-medievali, utilizzate dai pastori nomadi locali come stazionamento (da cui deriverebbe il termine “stazzo”), alle abitazioni in muratura dell’’800.

In antichità lu stazzu era gestito come un vero e proprio sistema sociale autarchico abitato dal proprietario delle terre e dalla sua famiglia, nella quale ogni componente aveva una propria mansione. Spesso in una stessa zona venivano costruiti più stazzi, chiamati cussorghie, che ospitavano diversi nuclei familiari uniti da sinergie e un forte senso di collaborazione. Le relazioni sociali tra i componenti delle cussorgie sono definite come “cultura degli stazzi”, caratterizzata da un profondo senso di fratellanza che ne univa gli abitanti. Con il termine “manialia” si intende il sentimento di equo aiuto reciproco, per ciò che riguarda risorse o forza lavoro, sulla quale tutti potevano contare. I pastori-contadini possedevano e condividevano importanti conoscenze tecniche riguardo: fenomeni atmosferici, suoli, botanica, sul ciclo del grano e del latte.

Solo in tempi molto più recenti (intorno agli anni ’60) queste strutture persero la loro funzione rurale per essere destinati ad una funzione del tutto abitativa, complici l’abbandono del settore agro-pastorale e il potenziamento dell’industria turistica nella zona.

Gli stazzi, sparsi tra le colline galluresi da circa 400 anni, custodiscono un importante tassello del patrimonio culturale gallurese e sardo.

Oggi, gli stazzi, spesso abbandonati, non ospitano più attività economiche connesse al settore dell’agro-pastorizia, ma sono sempre più spesso convertiti in strutture ricettive o abitazioni, volte a non denaturalizzare del tutto la destinazione e funzione originaria di queste strutture.

 

BARNES Porto Cervo si occupa di circa trenta stazzi in Costa Smeralda, in contesti naturalistici unici e non più edificabili, ma acquistabili e riqualificabili, per dare una nuova vita a queste importanti strutture storico-sociali, nel rispetto del loro patrimonio culturale.